03 mag 2019
VISIONI

VISIONI

Titolo

VISIONI

Anno

03 mag 2019

A cura di

Mauro Corradini

Location

Arcadia Art Gallery, Ripa di Porta Ticinese, 61- MI

BRESCIAOGGI, Giovedì 9 Maggio 2019


LAMOSTRA. Clelia Adami in trasferta: espone fino al 12 maggio

"VISIONI" A MILANO


Alla Galleria Arcadia volti graffiati eo cchi in fiamme

Uno stile senza marchio, una firma senza timbro:

«Inconscio che si svela senza farsi leggere del tutto»


Alessandra Tonizzo


Il cielo della notte specchia le sue ombre orbe sui testimoni,sui superstiti. «Visioni», e fisiognomici dettagli in acciaio,iuta, ruggine.Dieci anni di sogni le hanno guidato la mano entro spazi gonfi, ampissimi raggi di gomito, pose stirate. CleliaAdami (Brescia, 1983) porta tutto a Milano, riadattando lo spazio della Galleria Arcadia fino a strozzarlo con baconiana esal(t)azione, fino al 12maggio.

«Una pittura che senza perdere la realtà delmondosi offre liberata dalla necessità narrativa», spiega Mauro Corradini, curatore della personale; «emergono il segno e il gesto impulsivo fino al limite di spingersi ad una soglia per negare le misure, per fare aggallare un’immagine, caratterizzata dalla forza espansiva della materia stessa, legata forse all’inconscio. Che si svela senza lasciarsi leggere fino in fondo».

EPPURE le paste metalliche, le etnie del pennello-arma, imparano volti famelicamente familiari.

I ritratti ad olio (e fusaggine, e smalti, e bitume...) eludono il riconoscimentominuto, la fedeltà cartilaginea: tramite indecisa precisione simboleggiano.

Facce date alle fiamme o spaccate dall'asciuttezzasembrano i ritorni da altrettanti viaggi, compiuti sopra la rotta di un buio squillante.

TELE pattinate, tele sparate. Ovunque, l'artista - diplomata a Santa Giulia, prima al Premio Moretto 2010 - lascia il corpo al sèguito di movenze solitarie, quasi sempre invisibili (indubbiamente lente, danzanti), per concentrarsi su occhi bocche fronti rese selvagge da liane di masse pigmentate.

Strascichi, cancellature, cordoni sono la sostanza organica che suppura il rinforzo disorganico sul quale Adami abbandona colore.

LO SGUARDO dello spettatore sceglie le proprie evocazioni, liberamente. Così, le «Tre donne»somigliano a unacrescita, mossa tra l'azzurro infantile, il giallo della maturità, il rosa senile.

L'«Autoritratto blu», gattesco- graffiato, aliena contorni leonini, mischia terra ad acqua, assorbe.

«PICCOLA incisa», il naso di spago, sciacqua nel cartone piastrine.

Il«Toro morente» disarticolaun'intima Guernica, il passaggio di guerra dopo il quale la speranza ha occhi dilatati, e nessun fiato più.

Lo spettro adamico, uguale a unsospettato innocente, lavora nascosto su superfici estese (ogni centimetro una piccola tela, macchia autonoma, significante di polivalenze tattili); si distende ricusando tuttavia la propria presenza, l'ego, a favore della «visione di un universo che appare vitalissimo, anche se pieno di contrastanti equilibri: una sorta di non cercato ossimoro».

LO STILEsenza marchio, la firma senza timbro: la pittrice c'è come può esserci chi non sa stare altrimenti, di getto, di-sciolta.•

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