03 set 2011
Sguardi [Gazes]

Sguardi [Gazes]

Books.Title

Sguardi [Gazes]

Books.Year

03 set 2011

Books.Author

Paolo Sacchini

Books.Location

Sarezzo - Brescia, Palazzo Avogadro


Thoughtful or inquisitive eyes, sharp, succinct features and dramatically intense faces, though not completely alienated from any tenderness.  In September, the art halls of Palazzo Avogadro, in Sarezzo, will host "Sguardi" (meaning looks or glances), by Clelia Adami.  This young painter has, for some years, been making a name for herself as one of the new generation’s most interesting voices on the Brescia art scene.
Born in Brescia in 1983, Clelia first trained at the Liceo Olivieri di Sarezzo and then at the Accademia SantaGiulia in Brescia. After exhibiting her works for the first time in 2002, she participated in numerous collective exhibitions and can already boast - despite her still very young age - several personal showings.  What is more these were, in some cases, staged following competitions she either won (among them, the 2010 Moretto Prize), or in which she was commended (the 2009 Young Artist of Brescia award, in which she won second prize).
Curated by Paolo Sacchini, this exhibition puts together over thirty paintings, executed between 2005 and 2011.  These mostly depict the faces and eyes of women, who have been vigorously and powerfully interpreted though work that is both instinctive and chromatically illuminated.  In its stark and powerful immediacy, the painting evokes - sometimes explicitly and sometimes in a covert way - Schiele to Kokoschka and Kirchner to Beckmann, albeit without forsaking some of the lesser celebrated models and, at times, fine emotion.
The central feature of Clelia’s paintings are the glances.  These emerge from the backdrop of the works, portraying a close investigation into a hidden state of consciousness, alongside an inextricable and almost matted tangle of experiences and sensations.  In short, these are eyes that reflect - as Shakespeare put it - the cries of the soul, and reveal its deepest intimacy.
The few anatomical details that the artist has chosen to show are made vibrant through bundled masses of blood-red and glowing colours.  These appear more vivid against their support base, which is sometimes of an unusual choice, and which is used alongside traditional canvases, such as aluminium or raw jute.



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L’occhio è davvero il più prezioso fra gli organi del senso, e il suo dominio sugli altri ha permesso all’intelletto umano di dar vita alla civiltà. Vedere significa prendere coscienza dell’ambiente: equivale a “sapere”, possedere il mondo, dominarlo: è “potere”, agire sul mondo non solo con le mani, ma anche con l’anima. L’uomo primitivo è diventato sapiens, e anche faber, grazie alle mani, che sarebbero state, tuttavia, inutili, se non le avesse guidate la vista.

Credo sia davvero difficile illustrare con parole più chiare di queste tutta l’incommensurabile importanza che l’occhio – o forse ancora meglio lo sguardo che da esso nasce – ha avuto nell’orientare la storia e la stessa evoluzione biologica del genere Homo, che proprio grazie ad esso ha in effetti potuto prima conoscere, poi governare e infine modificare secondo i propri progetti il mondo delle cose. Sarebbe dunque impossibile sottovalutare l’importanza del ruolo che esso ha giocato, ed è anzi proprio per questo motivo che la fotografia scattata da Waldemar Deonna risulta particolarmente precisa: in sostanza, cioè, in virtù della sua «primarietà»2 rispetto agli altri organi di senso, l’occhio ha sempre in qualche modo costituito «il medium per eccellenza», ovvero quello che «permette all’intelligenza di distinguere e di discernere, di riconoscere e di apprezzare, di dispiegarsi insomma pienamente»3. Tuttavia, non è solo sotto questo aspetto eminentemente pratico e concreto che l’occhio ha influito sulla nascita e sull’evoluzione della società umana: al contrario, invece, sebbene in tal senso il suo apporto sia stato forse meno tangibilmente evidente, esso ha anche contribuito – e in maniera non marginale – a riempire la vita spirituale dell’uomo, concorrendo a depositare in essa una serie di credenze consce ed inconsce che negli atti della vita di ogni giorno si manifestano tra l’altro con un’insospettata frequenza, a testimonianza della capacità – da parte dell’occhio – di agire sulla nostra sensibilità non solo estetica ad un livello che definirei strutturale. Deonna, anzi, ha addirittura potuto parlare della sotterranea presenza, in ogni uomo, di una vera e propria «ossessione» nei confronti dell’organo della vista, che ad esempio conduce ciascuno di noi ad identificare inconsciamente con la familiare immagine dell’occhio tutto quanto ad esso si può anche solo latamente avvicinare per forma e caratteristiche (ad esempio il sole e la luna, le pietre brillanti – e dunque vive e mobili – come il diamante, le finestre di una casa, gli ocelli del manto di un pavone)4; in sostanza, cioè,

L’occhio, con i suoi significati reali o simbolici, occupa di continuo la vita dell’uomo, nel tempo della veglia come nella vita onirica. A tale ossessione il pensiero dà forma, nel linguaggio quotidiano e nella lingua poetica, nelle arti figurative, e in ogni stato mentale: normale, dal bambino all’adulto, o patologico, come quello degli alienati o dei medium; e ancora, in tutte le fasi culturali delle civiltà primitive – fin dall’arte paleolitica – ed evolute. W. Deonna